venerdì 27 maggio 2011

Negata l'aula al Blocco Studentesco, ancora una volta l'Università di Verona fa distinzioni politiche


La richiesta di un'aula per svolgere una conferenza su Berto Barbarani in data 27 maggio, effettuata dalla nostra Consigliera Martina Poli, è stata respinta dal Preside di Lettere Avezzù, sostenendo che quella del 9 aprile (quando il romanzo “Nessun dolore” è stato presentato in 1.3) sia stata un'esperienza negativa, e che quindi ritiene inopportuno che per il resto di questo anno accademico la facoltà conceda spazi alle liste studentesche.


Siamo venuti a sapere che oggi 21 maggio si è tenuta una conferenza in 2.2 promossa da tre collettivi (Filo d'Arianna, Priscilla e Benazir), che non sono certo liste regolarmente elette come il Blocco Studentesco, della quale Avezzù era totalmente all'oscuro. Questo perché la Direzione Economato, che ha già a più riprese dimostrato di non gradire che il nostro movimento svolga la propria attività all'interno dell'ateneo, in barba a qualunque procedura ha deciso di prenotarsi l'aula.


Negli articoli pubblicati in data odierna sui due principali quotidiani cittadini, è palese come Avezzù sia in malafede quando giudica legittimo che una docente utilizzi aule, dato che da regolamento l'unico a cui spettano decisioni riguardo la concessione di queste è proprio il Preside, che nella fattispecie non era nemmeno a conoscenza dell'iniziativa; e lanci contro di noi accuse fasulle secondo cui avremmo fatto subentrare ulteriori associazioni dopo aver ottenuto gli spazi.


E a cosa servirebbe la formulazione di un'apposita normativa sulla quale Avezzù e il Rettore Mazzucco tanto insistono, se poi ne permanesse un'applicazione di parte, per alcuni organismi interni all'ateneo addirittura opzionale?


Come dichiarato anche dall'assessore Vittorio Di Dio, ancora una volta l'Università di Verona dimostra di favorire una fazione politica, altrimenti incapace di trovare spazio a causa della propria pochezza, a discapito di chi come il Blocco Studentesco ha eletto democraticamente dei propri rappresentanti.