Parlare degli ultimi 20 anni di geopolitica in Europa senza parlare del Kosovo è pressoché impossibile.
Moltissimo della storia recente è passata attraverso questa Regione, probabilmente moltissima ne passerà ancora perché il problema Kosovo è di là da risolversi e tutto sembra fuorché in corso di normalizzazione. Anche se il diktat della UE (“Riconoscimento del Kosovo o niente UE”) alla Serbia potrebbe accellerare i tempi.
Il confine tra Serbia e Kosovo è il primo esempio di questo stato di non-normalità persistente. Il posto di blocco serbo non timbra i passaporti in uscita perché sono linee amministrative e non confini, al contrario il Kosovo gestisce il tutto con dogana e timbro di entrata sui passaporti.
Ma che tutto sia ancora in gioco lo si capisce solo quando si arriva nella città di Mitrovica, nel nord della Kosovo. Divisa letteralmente in due dall’Ibar, fiume che attraversa la città, con la parte nord abitata dai serbi e la parte sud abitata dagli albanesi.E mentre nella parte a nord del fiume le bandiere serbe sono appese ovunque è sufficiente passare il ponte per ritrovarsi in quella che sembra un’altra città, dove è normale trovare nei negozi degli albanesi foto che ricordano il loro passato in tuta mimetica e stemma dell’UCK sul braccio.
Un mondo dove ad ogni angolo le bandiere dell’Albania e degli USA sventolano affiancate.
Un’infatuazione per l’America dovuta al ruolo dell’esercito a stelle e striscie nella guerra del ’99 che portò alla creazione di questa Repubblica e che raggiunge il culmine a Pristina dove la strada principale di accesso alla città ha preso il nome di “Bill Clinton boulevard”.
Al contrario le bandiere del Kosovo (blu con la sagoma della Regione in oro) sono rarissime e solo sugli edifici degli enti governativi.
Per cominciare a parlare di Kosovo la data di riferimento è ovviamente il 9 giugno 1999 con la firma dell’accordo di Kumanovo e la fine della guerra del Kosovo tra esercito jugoslavo e l’UCK durante la quale la NATO era intervenuta bombardando pesantemente la Serbia costringendola alla resa.
Da segnalare che fino all’anno prima (1998) l’UCK era nella lista delle organizzazioni considerate di stampo terroristico dagli Stati Uniti.
Dopo la firma del trattato le forze armate jugoslave si ritirano dal Kosovo la cui gestione passa alle forze armate del KFOR, un’unità di peacekeeping guidata dalla NATO tutt’ora presente sul territorio con la missione “Operation Joint Guardian”, e della EULEX, guidata invece dalla UE.
All’interno del Kosovo (esclusa la parte nord) la popolazione albanese rappresenta ormai larghissima parte della popolazione ma esistono alcune enclavi dove vivono i kosovari di origine serba che non era fuggiti nel 1999 o che sono rientrati negli anni seguenti.
Rientri dei “profughi” nelle enclavi che è finanziato dalla repubblica Serba con aiuti economici e materiali proprio per evitare che anche queste cittadine vadano perse per un progressivo spopolamento, causato dall’estrema povertà della zona e dagli attacchi di vario tipo da parte degli albanesi.
Negli ultimi anni le forze KFOR hanno supervisionato la ricostruzione di molti edifici a scopo abitativo nelle enclavi e una percentuale intorno al 20-30% dei rifugiati di guerra è rientrato o sta rientrando in Kosovo pur persistendo una certa tensione tra le etnie.
A livello amministrativo nel 2001 ci sono le prime elezioni, sempre sotto amministrazione ONU. Elezioni che si ripetono anche nel 2004, nel 2007 e nel 2010, stavolta come stato indipendente.
Ma la credibilità del governo è bassa, mai un’elezione ha passato il 50% dei votanti, nel 2007 solo il 40% degli aventi diritto ha votato, e il boicottaggio da parte delle minoranze non albanesi è fortissimo.
Nel 2008 il l’assembla dei deputati del Kosovo approva la dichiarazione unilateralmente di indipendenza e nasce la Repubblica del Kosovo.
Repubblica che viene riconosciuta immediatamente dalla quasi la totalità dell’Europa occidentale (a esclusione della Spagna), entra a far parte dell’FMI ma è osteggiata in maniera decisa dalla Russia.
Ma anche stati come Cina, India, Brasile, Argentina e molti altri decidono di non riconoscere questo nuovo stato per non creare pericolosi precedenti.
Un anno più tardi, sempre grazie al consenso internazionale guidato stavolta da Bush jr., il Kosovo inizia a creare il proprio esercito, “Kosovo Security Force”, addestrato dagli uomini del KFOR.
Dopo il 2008 le enclavi serbe hanno costituito un loro parlamento formato dai rappresentanti delle 26 municipalità che non si riconoscono nella Repubblica del Kosovo che a sua volta non riconosce questo parlamento delle enclavi.
Insomma, una situazione tutt’altro che chiara e lineare. Anche nella politica monetaria il Kosovo è una situazione anomala e piuttosto curiosa. Infatti il Kosovo non batte moneta propria ma segue le vicissitudini della Deutsch Bank utilizzando quindi il Marco tedesco dal 1999 al 2001 e passando poi all’Euro, pur non facendo parte ad alcun titolo dell’EuroZona.
Recentemente il Kosovo è tornato alle cronache per alcuni scontri lungo la linea amministrativa tra Serbia e Kosovo a causa del tentativo del Kosovo di chiudere la frontiera per le merci in entrata dalla Serbia.
Ma dopo 12 anni di continua tensione e i diktat della UE (riconoscimento del Kosovo o niente Unione Europea) sono molti serbi che hanno abbracciato un certo disfattismo sulla questione soprattutto i più giovani.
Ed è sufficiente parlare con giovani di Belgrado per scoprire che non è assolutamente raro sentire frasi come “Basta con questa storia del Kosovo” mentre i più adulti ripetono ancora che “Kosovo je Serbia”.
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