mercoledì 24 agosto 2011

24 AGOSTO 1943, ETTORE MUTI PRESENTE




A tredici anni viene espulso da tutte le scuole del regno per avere preso a pugni un professore. A quattordici scappa di casa per andare a combattere nella Grande Guerra ma i carabinieri lo rispediscono a casa.
L'anno seguente ci riprova e riesce ad entrare negli Arditi dove si ricopre d'onore. A diciassette anni è a Fiume con D'Annunzio che conia per lui l'appellativo di «Gim dagli occhi verdi». Durante l'esperienza fiumana Muti partecipa divertendosi come un matto. Infatti si combatte poco e lui si esibisce in imprese spericolate che hanno più del goliarda che del soldato. Sempre D'Annunzio dirà di lui: «Voi siete l'espressione del valore sovrumano, un impeto senza peso, un'offerta senza misura, un pugno d'incenso sulla brace, l'aroma di un'anima pura».
Poi è con Mussolini. Sarà alla testa dei Rivoluzionari che occuperanno la prefettura di Ravenna durante le operazioni della Marcia del 28 ottobre.
Nel 1927 subisce un attentato dal quale si salva per miracolo, con i medici che lo danno per spacciato; gli resterà come ricordo una cicatrice di 20 cm nel ventre.
In Africa entra in Aeronautica e pur di entrarvi, accetta il declassamento al grado di tenente. Sta nella squadriglia aerea "La disperata".
In Spagna dove parte volontario per la guerra civile, conquista varie medaglie al valore d'argento e d'oro. Dalla Spagna torna con il soprannome di «Cid alato». Partecipa alle operazioni in Albania.
Al ritorno diventa segretario nazionale del partito ma dà le dimissioni perchè si annoia (unica nota allegra: ha trasformato la sede del PNF in un ritrovo notturno dove si avvicendano le belle donne); pur potendo ottenere praticamente ogni cosa, volle andare «là dove c'è bisogno» e partecipa ai combattimenti in Francia. Per sua stessa ammissione, non era un uomo da scrivania ma d'azione, e smette di frequentare quei gerarchi che giudica negativamente, perdendo anche l'amicizia che aveva con Ciano.
Nel 1943 entra nei servizi d'informazione militari. In Spagna, dove si trova in missione per recuperare un radar americano, viene informato dal controspionaggio tedesco delle trattative di resa tra Badoglio e il nemico. Ingenuo perchè puro, Muti torna in Italia e mentre prova ad organizzare con Colombo la liberazione di Mussolini invia un dispaccio urgente a Vittorio Emanuele III chiedendogli d'incontrarlo perchè ha le prove dell'imminente tradimento del presidente del consiglio.
Nella notte tra il 23 e il 24 agosto il re fellone invia allora i carabinieri a prelevare lo scomodo personaggio nella sua dimora di Fregene con l'ordine di assassinarlo simulando un tentativo di fuga.
In una lettera spedita da Badoglio poco prima (il 20 agosto del 1943), al capo della polizia Carmine Senise si può leggere quanto recita testualmente: "Muti è sempre una minaccia. Il successo è solo possibile con un meticoloso lavoro di preparazione. Vostra Eccellenza mi ha perfettamente compreso".


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